È nei giorni come questo, in cui spesso piove e c’è vento (manca solo Heidi che bussa a sto convento), che mi capita più spesso di crogiolarmi nei ricordi dei bei tempi che furono.

Siedo alla scrivania, metto mano sulla tastiera, ma poi la testa parte immediatamente per conto suo, in un viaggio à rebours, e si ferma a rivivere momenti che avrei voluto fermare nel tempo o al contrario disfare e rifare completamente.

Stamattina, per esempio,  sono tornata ai miei 13 o 14 anni. In un’aula di scuola, durante una lezione di chissà cosa, seduta al mio banco facendo finta di stare attenta alle spiegazioni della Prof di italiano, nelle orecchie incessante la melodia di Hungry Like The Wolf. Non c’è modo di togliermelo dai timpani e dalla testa. Ci provo a riconnettermi con la realtà, ma senza successo.

È  stato lì che all’improvviso ho capito cosa avrei voluto fare da grande: la tour manager dei Duran Duran!

Mi sono fortemente impegnata per raggiungere questo obiettivo, ma evidentemente senza successo, visto dove sono oggi. Volevo fare la tour manager e per quello ho studiato inglese. Non è servito a niente. Sono ancora qua, eh già.

Niente tour. Niente manager. Ma sempre Duran Duran.

E se ormai mi pare abbastanza assodato che non glieli possa organizzare io, sti benedetti tour, per lo meno li frequento assiduamente, quando si può, come fan. In qualità di Duranie.

Di tappe in Italia ne ho fatte un bel po’. La prima in assoluto nel lontano 1987, quando per la prima volta arrivarono in Italia per suonare dal vivo su un palco. E che palco! San Siro, mica cavoli. Era il 5 giugno. Avevo 15 anni, quasi 16, un’emozione incredibile.

Di acqua e date sotto i ponti ne è passata tanta, nel frattempo.

Conservo quasi tutti i biglietti dei concerti, ma soprattutto conservo grandi ricordi.

Un amore che non è mai cessato. Qualche sporadico momento di crisi, come quasi ogni grande storia d’amore che rispetti, ma mai spentosi.

Un anno fa a quest’ora più o meno, dopo 4 anni dall’ultima volta, disseppellivo la tenuta da Duranie in Tour e mi apprestavo a dare il via ad una dodici mesi di grandi emozioni.

Il 16 ottobre 2015 è stata la prima mossa di questo lungo percorso.

Sveglia ad un’ora per me impensabile se non in casi eccezionali – e quello era in effetti un caso eccezionale – quando ancora fuori era buissimo e anche le luci negli appartamenti dei palazzi intorno al mio erano ancora tutte spente; partenza con il cuore in gola per prendere un passante semi-vuoto e con la paura di non arrivare comunque in tempo. Corsa dal passante alla metropolitana, con occhio fisso e  molta “fifa blu” su Facebook, per capire come si stessero svolgendo le cose per chi era già in pista da prima di me; riemersione al cardiopalma e ovviamente dall’uscita sbagliata della metropolitana su Piazza Duomo; sprint verso le luci del palazzo dall’altra parte della piazza, le luci della Feltrinelli, così luminose nel buio delle 7 del mattino di una giornata di metà ottobre, dietro ad una tizia altissima che, come me, correva guardandosi intorno per capire se c’erano possibili rivali più veloci; arrivo finalmente davanti alla famigerata Feltrinelli e… fila!

Ma fila per cosa, poi?

Per un sogno che durava da secoli: la possibilità di incontrare dal vivo i miei amori di sempre e farsi firmare la copia dell’album “Paper Gods“, uscito qualche giorno prima. Un Meet and Sign, un Firma Copia insomma, di quelli che si vedono sempre realizzarsi senza particolare caos in altri paesi.

400 pass disponibili, se ricordo bene.

Il tam tam su Facebook dei giorni precedenti era stato quasi snervante, delirante.

Sono arrivata alle 7 e qualcosa e c’era già una bella fila, ma composta. Ho cominciato a contare con gli occhi quante potessero essere le persone arrivate prima di me. Mi sono un attimo rincuorata. Avevo per altro una bella responsabilità: prendere due pass in più, se non sbaglio, non per me. Quindi l’emozione e l’adrenalina erano al massimo.

Un attimo prima di tranquillizzarmi ho girato lo sguardo e incrociato quello della stangona che poco prima mi aveva superata nella corsa in Piazza Duomo e le ho chiesto conferma di essere al posto giusto per l’occasione giusta. Non sapevo che quello sguardo sarebbe diventato poi quello della mia nuova amica Tiziana, Duranie entusiasta e piena di verve, con cui da lì in poi e insieme ad altre belle e grandi donne avrei intrapreso un percorso bellissimo, culminato poi nell’avventura di giugno.

Intanto riconoscevo visi che magari avevo intravisto anni prima a Londra, o in altre occasioni, o sulle pagine di Facebook dedicate ai nostri eroi. Davo un’identità vera ad un volto digitale. Incredibile emozione anche quella.

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Incontro del Gruppo Duranie Milano (non al completo, mancava Laura), presso il Mulligans Pub a Milano

 

Quando ho avuto in mano i pass, tutta la tensione si è sciolta. E improvvisamente mi sono trovata a fare un selfie che sprizzava gioia da tutti i pori con un gruppo di nuove amiche, a scambiare numeri di telefono, a chiedere “Ma tu sei…?” dopo esserci reciprocamente riconosciute grazie agli interventi sui gruppi Facebook.

Sembrano dettagli, ma una delle conseguenze dell’essere fan dei Duran che amo di più è proprio quella, l’opportunità di aver potuto conoscere negli anni persone speciali, che sono diventate amicizie.

Parlo di Giambattista, per esempio, detto Giamby e di Valeria, che ho incontrato dal vivo quasi 10 anni fa.

E Giovanna con cui ho lavorato ad un progetto bellissimo, che ci ha fatto diventare amiche.

E poi più recentemente le “mie” fantastiche Tiziana, Ippolita, Laura, Cristiana, Elisabetta, Beatrice, Mara, Katia, solo per citare le persone che più frequento. Senza contare un’amicizia lunga una vita, quella con Sabrina, che è nata al di là dei Duran, ma che ci ha viste condividere la stessa passione.

Sono belle persone, con cui è piacevole incontrarsi anche solo via chat ogni tot, per condividere emozioni non solo da fan, ma di vita vera.

Sono loro le persone con cui ho condiviso poi  l’emozione di essere in effetti lì, il 23 ottobre, a farmi firmare la copia dell’album, faccia a faccia con i miei eroi. Che avevo già incontrato dal vivo, devo essere sincera.

Pur non essendo tra le più assidue frequentatrici dei DD in carne ed ossa, ho avuto la possibilità di trovarmeli davanti diverse volte, diversi anni fa.

Conservo un ricordo bellissimo delle mie estati a Londra, da adolescente. Con la “scusa” di imparare l’inglese, cosa che poi però in effetti ho fatto, ho passato per tre anni di fila un mese a Londra, in estate. E li ho conosciuto amiche che sono rimaste tali negli anni e che ho ritrovato con grande gioia dopo lunghi silenzi, come Lidia, Gabriella, Valeria. E ho incontrato loro, i Duran.

Simon, John e Nick. Mamma che emozione! Di uno dei tanti incontri con un John Taylor messo un po’ maluccio ho un ricordo che conservo come una reliquia ed un santino nel portafogli, dal 1989. Dall’8 agosto 1989, per l’esattezza. Ed è una foto i cui gli sono accanto, lui altissimo e magrissimo, io piccola piccola, sembro avere 13 anni, ma in realtà ne avevo 18.

Quella foto per me è sacra, così come lo è una foto personale che Simon ha autografato anni fa a Londra. Tanto “sacra” che appunto me la porto dietro da 27 anni nel portafoglio. E che il 23 ottobre 2015, 26 anni dopo, John ha firmato, durante il famoso Meet & Sign alla Feltrinelli. Di quel giorno rimane un reportage fotografico davvero divertente, in cui si vede tutta la mia emozione e la sorpresa di John nel rivedersi in quelle immagini.

Ciao John, non so se ti ricordi, ma questi siamo io e te di fronte a casa tua, l’8 agosto del 1989. Non è che me la firmeresti?”

La faccia stupita, divertita, un po’ scioccata del Taylor la si vede benissimo nelle foto fatte quel giorno. Che ridere!

La sera prima mi ero ritrovata con Sabrina e il mio super marito Simone ad applaudire un Simon Le Bon in gran forma nonostante l’influenza esibirsi ad X-Factor. Proprio negli studi della trasmissione: un altro grande “dono” ricevuto grazie ad un amico.

E che dire del concerto dal vivo, poi, quello in piazza Duomo del 24 ottobre, per gli EMA? Per altro adesso c’è la possibilità di votare la migliore performance live (Best World Stage) che verrà premiata a Rotterdam a novembre e i DD sono in lizza: inutile dire che li ho votati 100 volte. Non solo perché l’avrei fatto comunque, a prescindere, ma perché è stato uno spettacolo davvero bellissimo, emozionante, apprezzato anche da chi di Duran Duran quasi non aveva mai sentito parlare, nuove generazioni in piazza per vedere altri artisti, che si sono trovati per caso ad ascoltare questo gruppo di “vecchietti”, scoprendo che non solo di vecchietto non hanno nulla, ma che sono grandi musicisti e performer. Orgogliosissima io!

E poi l’8 dicembre 2015! Primo concerto duraniano in trasferta all’estero. E che estero! Londra! WOW! Che bello!

Siamo partiti in tre: Sabrina, Simone ed io. Un ponte di S. Ambrogio spassosissimo: abbiamo visitato Londra in lungo e in largo. Non vedevo la città da 25 anni (fatto salvo un salto velocissimo qualche settimana prima, ma per lavoro), trovandola cambiata e sempre bella. A me Londra piace da matti. La trovo dinamica, trendy, affascinante, familiare.

E poi il concerto. In piccionaia, OK, ma in una location da leccarsi i baffi, The O2, e con la bella sorpresa di essere circondati da tantissimi inglesi che del britannico aplomb non avevano un bel nulla, anzi, erano piuttosto scatenati, ma soprattutto la scoperta di aver acquistato i biglietti nella stessa fila e accanto a Giamby, Daniela e i loro amici. Loro da Cagliari, noi da Milano!

Nei mesi successivi il tam tam per il tour italiano ha cominciato a risuonare incessante, sempre più forte.

Un attimo e mi sono ritrovata come per magia a tre date che rimarranno nei miei personalissimi annali: 8 giugno 2016 e poi 10 giugno e poi 12 giugno.

Tre giorni in tour. Tre giorni in cui la Hidden Princess in the Attic che è in me ha deliberatamente lasciato il suo nascondiglio per trasformarsi in una vera Princess in Tour.

Verona. Firenze. Milano. 

Firenze, a parte la gioia di essere in giro con la mitica DiPi, è la data che onestamente ho meno apprezzato.

Ma Verona e Milano, per me, “Numero Uno Fenomenale“, come il Lipton Ice Tea per il buon Dan Peterson, in un mitico spot degli anni 80.

Tre giorni di fuoco, fatti di corse, emozioni, frustrazioni, treni, autobus, hotel, ferie, scambi ferroviari, pioggia incessante, umore al massimo e poi sotto i tacchi e il contrario, dissapori, malumori, gioia infinita, amicizia, risate.

Tre giorni che mai dimenticherò. E di cui racconterò nella prossima puntata.

That’s all Folks!