Cari Umani Miei, sedicenti Mamy e Papy,

è arrivato il 28 ottobre e io un anno fa oggi, intorno alle 4 del pomeriggio, entravo per la prima volta in punta di zampe in quella che allora era la vostra casa, oggi è la nostra.

Era un venerdì, me lo ricordo bene. Ricordo anche che quel giorno sono salito al 5° piano utilizzando per la prima volta in vita mia un ascensore, accompagnato dalla “zia madrina” Micaela  e la zia Alice, che al Rifugio La Fenice erano state così carine con me. Mi hanno salvato da un destino crudele e inenarrabile, lo stesso a cui purtroppo molti galgo come me non sfuggono. In effetti io da loro al rifugio ci stavo bene e tutte le volte che le rivedo sono sempre contento, ma all’epoca non sapevo ancora cosa volesse dire avere una famiglia.

Non era, quella, la prima volta che vi annusavo; avevamo avuto la possibilità di studiarci vicendevolmente già qualche settimana prima.

La nostra storia insieme era cominciata un sabato soleggiato di inizio ottobre, quasi ora di pranzo. All’improvviso si era aperta la porta del mio box alla Fenice e dietro ad Alice siete apparsi voi due.

Io vi aspettavo. Voi non lo potevate sapere, ma io vi avevo già sentiti arrivare, avevo percepito la vostra emozione. Emozionato lo ero anch’io, ma in modalità compassata, da Duca Conte quale sono.

Tu papy eri alto, grande e  bello, anche se senza capelli; tu, mamy, capellona e un po’ agitata, hai sgranato gli occhi quando mi ha visto in tutta la mia statuaria silhouette. Ho capito che eri intimorita. Ti sembravo alto alto, secco secco. Non to lo aspettavi. Tu, papy, eri invece entusiasta. Ci siamo capiti subito, io e te. Abbiamo lo stesso carattere, come dici sempre. Non posso darti torto.

Il tempo di un’annusata e già stavi pronunciando la frase della svolta “Ehi, Jordan, non è che poi mi rubi il posto sul divano?”

Ho visto gli occhi della mamy dilatarsi e la sua voce “Ahhhh noooooo! Sul divano mai!“. Allora le sono andato incontro e ho lasciato che mi accarezzasse la schiena ossuta. Peggio che andar di notte! L’ho spaventata ancora di più. A me invece quelle carezze piacevano tanto e già sapevo.

Sapevo quello che lei non sapeva. Che avevo fatto breccia. Nei vostri cuori e… nel vostro divano! Nel vostro tappeto della cucina, per non parlare di quello della sala e a volte, quando non mi vedete, nel lettone.

Ohhhh, che delizia! Sono entrato in casa un po’ titubante, perché fidarsi è bene, non fidarsi è meglio, ma dopo mezz’ora ero già giro ad esplorare ogni angolo.

E mi sono sentito finalmente al sicuro. Finalmente a casa.

In questi 12 mesi ho imparato a fidarmi di voi, che tutto sommato siete proprio simpatici, anche se ogni giorno vi devo aspettare solo soletto a casa, sonnecchiando.

Mi piace accogliervi a codate in faccia quando rientrate la sera. Vi faccio i balletti e le giravolte e voi ridete entusiasti.

Mi parlate con quelle voci un po’ da rimbambiti, parliamoci chiaro, ma io sono così felice. Dopo i balletti e le giravolte mi piace rifugiarmi con il muso tra le vostre gambe a prendermi tutte le coccole del mondo. Starei così per ore.

Vi amo tutti e due ugualmente, anche se il Papy è il Papy.

Grande, grosso e forte. È il mio capo tribu. Lo seguirei in capo al mondo. La mattina quando mi porta fuori per la prima passeggiata della giornata gli cammino accanto trotterrellando felice. Mi fa i grattini sul fondo schiena, io mi ingobbisco tutto contento.

E poi c’è la mamy, la mamy, ecco, dopo il primo goffo approccio alla Fenice ha perso ogni timore. Mi piace tanto quando mi prepara la pappa. Mi siedo con lei in posizione di sfinge e la osservo. Mi ha voluto portare persino dalla nutrizionista che mi ha fatto la dieta dedicata. Così ogni sera lei mi prepara la trita di lonza e io mi lecco i baffi.

La mamy ogni sera mi porta a correre. Mi lancia la palla di qua e di là, io scatto come una lippa, la sgrido se non si sbriga a fare un lancio come si deve, faccio il finto offeso se cerca di portarmi via la palla di bocca, brontolo, ma in realtà mi diverto “una cifra”. Correre mi fa sentire libero. Cavalco il vento e volo. Chi mi vede avvitarmi in aria per afferrare al balzo la pallina rimane incantato.

La mamy all’inizio era schifata quando doveva portarmi a fare i miei bisognini, che poi tanto “ini” non sono, sopratutto quelli solidi. Per quelli, si era attrezzata inizialmente con una strana pinza che non serviva a nulla. Adesso quando la faccio poco ci manca che mi passi il giornale da leggere. Mi guarda estasiata e con quella vocina un po’ sciocchina mi dice “Ma che bravooo!”.  Io la guardo con un misto di curiosità e quasi mi viene da ridere.

Insieme, papy e mamy, siamo stati praticamente ovunque. Mare, montagna, collina. Preferisco la terra ferma. In mare entro solo per recuperare la pallina. Sono un viaggiatore provetto. Mi piace quando facciamo i viaggi lunghi, se non vi sono le curve. Mi metto comodo nel sedile di dietro e me la dormo. Sono scarrozzato avanti e indietro, come un vero Duca Conte. Ogni tanto mi tiro su ad osservare il mondo, appoggio il mento sulla spalla del papy e divento copilota.

Ho scoperto che ho 4 “nonni”. Due nonne e due nonni. Le nonne sono le regine della cucina e mi piace seguirle ovunque, quando andiamo a trovarle, sperando che cada qualcosa per me. La mamma del papy, la Pinuccia, mi stravizia a suon di biscottini, che devo però condividere con quel diavoletto della zia Lilly. La mamma della mamy, la Gilietta, fa un po’ più la sostenuta ma poi mi allunga fette biscottate a iosa.

Ho fatto la voce grossa con entrambi i nonni un paio di volte, ma era perché avevano preso la mia testa per un tamburo, così desiderosi di accarezzarmi com’erano; ma io sono un cagnolone delicato, nonché Duca Conte. Ciò nonostante li trovo simpatici.

Ho anche 4 zii umani che mi adorano, 1 zia pelosa (la suddetta Lilly), e una cuginetta umana, Emma, che mi chiama “cuginetto peloso” facendo rizzare i (pochi) capelli del nonno Dionisio, il papà della mamy. Mi sento amato.

Io sono un golosone, anche subito dopo cena ho ancora taaaaaanta fame. Ogni sera cerco di ipnotizzare il boccone di pane integrale rimasto sul tavolo alla fine della vostra cena; spero, con la sola imposizione del mio nasone, di convincerlo a scivolarmi in bocca, ma nulla. Mi piace di tutto, tranne che l’insalata scondita (però vado matto per l’erbetta fresca dei campi).

Ho un guardaroba degno di un Duca Conte. Cappottini di tutte le forge, peso e colore. La mamy dice che sono elegantissimo. Ho persino un pigiama per le notti più fredde. Quando me lo mettono mi sento un po’ strano, ma poi ci sto bene.

Mi piace così tanto quando arriva il weekend.

Il sabato e la domenica stiamo insieme in ogni momento. Durante la settimana so che andate a lavorare. Non deve essere una cosa molto divertente perché la mamy quando esce di casa – sempre a scavezzacollo perché la mattina fa fatica a scollarsi dal materasso –  ha sempre una faccia da cane bastonato. Io vi guardo andare via e mi dispiace. Vorrei restaste con me tutto il giorno, ma dite che non è possibile. Peccato.

Però so che a metà giornata arriva la zia Giusy, la mia tata. Mi vuole tanto tanto bene. È simpatica, piena di attenzioni. Mi porta a fare delle lunghe passeggiate, mi fa conoscere altri quadrupedi. Mi piace rubarle i biscottini dalle tasche. Lei fa finta di non accorgersene e mi lascia fare, l’adoro. La tata Giusy è preziosa, come dite sempre voi. Lo credo anch’io e sono felice quando la sento arrivare.

Dopo un anno di pisolini comodissimi, pappe golose, biscottini, qualche piccolo disastro, non posso che confermare che con voi ci sto proprio bene e che vi amo tanto. E so che voi mi adorate.

A qualcuno il fatto che io vi chiami mamy e papy potrebbe fare sorridere e in alcuni casi persino far storcere la bocca. A me non importa.

So benissimo che non siete la mia vera mamma e il mio vero papà. Quelli, in realtà, manco me li ricordo, sono passati 5 anni da quando li ho visti l’ultima volta, chissà che fine hanno fatto.

Però io vi considero la mia mamy e il mio papy perché siete le persone di cui mi fido totalmente. So che avrete sempre cura di me, che accanto a voi non dovrò più avere paura di nulla, neanche del toelettatore. Neanche della punturina del veterinario. Neanche dell’acqua del mare che poco sopporto. Ci saremo sempre l’uno per l’altro. Sempre.

Buon Gotcha Day a noi!