Can you, can you taste the summer?
I do, I find it in your mouth

Now if I have a weakness it’s for sweetness
And it’s… floating on your breath, the sweetest melody

(Can you taste the Summer – Duran Duran)

 

Io sì che la sento, l’estate.
Finalmente, oserei dire!

Qui a Milano, è vero, il caldo è spesso insopportabile, afoso, appiccicoso, “schifoso” e le zanzare sono in agguato ad ogni angolo  (anche adesso sento quel maledetto, fastidioso ZZZZZZZ che mi gira intorno)… però, vuoi mettere? La mattina, capelli che con l’umidità mi fanno sembrare Chobin a parte, mi metto su la prima cosa che mi viene in mente e via.

Lo sento che è estate, perché paradossalmente, io che d’inverno reagisco al suono della sveglia come un ghiro senza possibilità di redenzione, nei mesi più caldi mi alzo quasi volentieri. Sempre in stato comatoso e con la faccia stropicciata (side-effect in deplorevole peggioramento anno dopo anno), ma tutto sommato “sprint” (tranne stamattina, in effetti). Certo, il risveglio in pieno Fantozzi-style non manca mai, ma meno concitato che in inverno, quando, se potessi, mi tufferei in strada direttamente dalla finestra del nostro quinto piano e in pigiamone di pile.

In estate le scarpe alte e colorate mi divertonoIn estate, invece, mi trasformo. Per esempio, metto volentieri i tacchi: mi piace dondolare a 10 cm di altezza. Mi mette allegria, mi ci sento bene.

Salgo sui miei “trampoloni”, infilo le cuffie (con la musica dei Duran nelle orecchie potrei andare fino al Polo Nord…  lì sì che è fresco!) e mi avvio verso il Passante di Trenord.

Con passo più o meno sicuro e l’aria un po’ sfrontata, il ritmo nelle orecchie, avanzo spedita, balzellon balzelloni, come Red Max nelle mitiche Wacky Races.

Le Wacky Races sono un ricordo bellissimo delle mie estati da piccola. Quando le estati duravano tre mesi. Cominciavano l’ultimo giorno di scuola a giugno, finivano a settembre. Tre mesi di libertà assoluta.

Le trascorrevamo, mio fratello ed io, per lo più in Abruzzo, nel paese natale di papà. E nei pomeriggi afosi, nell’ora in cui non ci era consentito uscire finché non fosse rinfrescato un po’, (divieto per altro spesso trasgredito, per andare a rubare uva, pannocchie e cercare more nelle campagne circostanti insieme ai nostri amici) rimanevamo incollati alla TV, a guardare un episodio dietro l’altro di questo cartone animato.

“Accidenti, doppio e triplo accidenti” si dannava Dick Dastardly, uno dei miei antieroi preferiti in assoluto, mentre il mitico Muttley se la ghignava.

Non sopportavo Penelope Pitstop, invece, e anzi mi era profondamente antipatica.

Ultimamente l’ho rivalutata, ma in fondo il mio personaggio preferito rimane Dastardly. Ricordo ancora con commozione l’unica puntata in cui sembrò, insieme a Muttley, aver vinto una gara. Ma non era vero. O meglio, la magnifica coppia arriva in effetti prima al traguardo, ma invece di tagliarlo si ferma a fare le foto di rito e gli altri concorrenti nel frattempo invece vincono.

Accidenti, doppio e triplo accidenti!

Ma non c’erano solo le Wacky Races, in quelle estati. Ricordo “Super Pollo”, “Carletto il Principe del Mostri” e “George, il re della foresta”che “non ne fa mai una giusta”. E Rocky Joe.

Che bei pomeriggi, quei pomeriggi d’estate.

Le vacanze duravano tre mesi.

Eravamo bambini. Forse il trucco stava tutto lì.