Quattro anni fa oggi, più o meno a quest’ora, perdevo lo status  di “signorina”.
Un po’ per sopraggiunti limiti di età, ma soprattutto perché da lì a poco avrei assunto lo status di “sposina”; o meglio, proprio per i già citati limiti di età, “sposecchia“.

Il 12 settembre 2014, di venerdì, infatti, diventavamo marito e moglie.

Sono convolata a nozze dopo i quaranta.
A quarantatré appena compiuti, per la precisione: avessimo anticipato di una settimana sola, sarei stata ancora quarantaduenne, età che fino a non troppo tempo fa mi avrebbe fatto entrare di diritto nel circolo delle zitelle senza speranza.
Oggi, invece, nessuno o quasi si scandalizza più se ti sposi con i primi capelli bianchi in testa e se a comprare l’abito del matrimonio ci vai che sei più matura di un fico (segni dei tempi, signs o’ the times, come avrebbe detto il buon Prince, vivaddio!) e io, maturassima al limite dello stagionato DOP 516 mesi e anche tradizionalissima, a scegliere il vestito ci sono andata accompagnata da mamma e papà e mi è piaciuto un sacco!

Ci siamo sposati con cerimonia civile a Stezzano, un grazioso comune in provincia di Bergamo, in un venerdì insolitamente soleggiato per quell’estate del 2014 che, penso, verrà ricordata come una delle più piovose di tutto il millennio. Manco a dirlo, la sera prima della cerimonia era venuto giù il finimondo per almeno un paio d’ore.

Come siamo arrivati fino a lì, dopo 14 anni trascorsi dal primo incrocio di sguardi alle 4 del mattino sulle scale del Soul to Soul , non lo so neanche bene, ma ci siamo arrivati.
Maturi, stagionati, “sposi sciuri” pieni di gioia.
Di sicuro io ci sono arrivata dopo 100 metri di camminata maldestra nel giardino all’inglese (strepitoso) di Villa Moroni, affondando i tacchi nel terreno reso morbidissimo dalla pioggia della sera prima, al braccio del mio papà.
Quella camminata non la scorderò mai.
Non scorderò mai il calore del sole sulla pelle, ad ogni affondo di tacco ho pensato che sarei rimasta impiantata lì, ma poi un passo dopo l’altro, sono arrivata e davanti a tutti ho detto “Sì” (a scanso di equivoci: ovviamente l’ha detto anche lui!)

Ci sono arrivata con in testa il fascinator più bello della terra e con addosso il mio bellissimo, leggerissimo, chicosissimo Anthea di Max Mara Bridal, in perfetto British style, mica cavoli.
Un abito con cui avevo combattuto nelle settimane precedenti; tanto amato sin da subito, tanto ripudiato subito dopo, fino a quando “la benedizione” di una persona di cui mi fido molto, mio fratello, mi ha fatto capire che era proprio il mio.

Ci sono arrivata con il sorriso nel cuore, perfettamente consapevole del passo che stavamo per compiere.

Ci siamo arrivati mano nella mano, circondati dall’affetto fortissimo delle nostre famiglie e dei nostri amici.

Conserviamo ricordi bellissimi delle ore di festa, centinaia di foto ufficiali e non, dediche e pensieri arrivati da ogni dove.

Il 12 settembre 2014, sembrerà la solita retorica trita e ritrita, stucchevole e cariogena ma tant’è, è stato uno dei giorni più belli e indimenticabili che fino ad allora, e direi anche fino anche ad oggi, abbia(mo) avuto la fortuna di vivere e condividere. Difficilmente, credo, capiteranno ancora occasioni così intense e cariche di emozioni positive. Spero di sbagliarmi, ma penso sarà proprio così.

E allora, quattro anni e tanta vita dopo, auguri a noi. 
W gli Sposecchi, anzi, come cantano i nostri amici qui sotto… W i toponi!

 

You can make your rhymes and paint your rules
In black an white for me to memorize
Never understand
And there will be times
For a thousand vows
A thousand promises we forgot
To be realized
Two hearts beating
In this place you made you know
Nothing changes
My Antarctica

My Antarctica – Duran Duran